Giacomo Palazzesi

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Johann Jakob Froberger

Tombeau pour Monsieur de Blancheroche – – Domenico Scarlatti Sonata K 213
– Sonata K 380
– Sonata K 32

Mario Castelnuovo-Tedesco

– Sonata op. 77 “Omaggio a Boccherini”
– Allegro con spirito
– Andantino, quasi Canzone
– Tempo di Minuetto (cerimonioso, con grazia)
– Presto furioso

Miguel Llobet

– Romanza
– Scherzo-Vals
– El Mestre
– Leonesa

Joaquín Valverde

– Clavelitos (arr. Miguel Llobet)

Nella scelta di un programma che mi rispecchiasse in maniera autentica non ho mai potuto escludere, per un sentimento di estrema vicinanza, la musica barocca, e nello specifico quegli autori che hanno saputo cogliere e descrivere gli animi in maniera così profonda come Froberger, Bach e Scarlatti. In questo concerto suonerò il “Tombeau pour Monsieur Blancheroche”: un sentito omaggio del genio Johann Jakob Froberger all’amico liutista Blancheroche, che vide morire dopo aver assistito alla sua rovinosa caduta dalle scale: un momento di rara intensità musicale e sublime ispirazione.

Le tre sonate di Domenico Scarlatti che presenterò, scelte tra le 555 sonate che il compositore ebbe modo di scrivere, sono un esempio della possibilità che la chitarra offre nell’affrontare un repertorio non originale, estremamente diverse per carattere, troviamo momenti ritmici ispirati al fandango fino ad arrivare alla dolcissima “Aria” della sonata K32: dove il motto scarlattiano “Vivi felice” sembra trovare la sua naturale trasposizione in musica.

La Sonata Op.77 “Omaggio a Boccherini” di Mario Castelnuovo-Tedesco, di cui è superfluo rimarcare l’importanza storica nei confronti del repertorio originale per chitarra costruito e fortemente voluto da Segovia, che richiedeva in questo, al compositore fiorentino “un lavoro importante, una Sonata in quattro tempi”, rappresenta per me il culmine di un mondo intellettuale, estetico e musicale – di cui Castelnuovo-Tedesco fu un grande rappresentante, seppure in contrasto col suo tempo – che ho appassionatamente studiato nel tempo; nello specifico la Sonata è compagna dei miei studi dal conservatorio ad oggi, e appartiene a quei brani che offrono – ogni volta che si decide di tornare a studiare – nuove scoperte, anche e soprattutto personali.

Di Miquel Llobet Solés, o meglio della sua opera, Bruno Tonazzi ebbe modo di scrivere “Un soffuso aleggiare di velata e discreta malinconia ed un temperato pudore nell’espressione sentimentale caratterizzano quasi costantemente la sua produzione”. Miguel Llobet è forse l’esponente più influente di un modo di sentire umano, prima ancora che musicale, verso il quale la mia fascinazione è costante e sempre grandissima, che rasenta l’identificazione. In tutte le opere che propongo – Romanza, Scherzo-Vals, El Mestre, Leonesa, chiudendo con una delle sue tante “trascrizioni”, in questo caso Clavelitos di Valverde – è evidente quella che fu per Llobet la sua costante stilistica ed estetica: una ricerca sul timbro dello strumento, sui colori, che fecero di lui, pienamente e a ragion veduta, il chitarrista dell’impressionismo. Il suono, il fraseggio – così come fu per altri musicisti della sua generazione – diventano così elementi spirituali prima ancora che musicali.

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